Noto psichiatra parigino cerca di ottenere la materializzazione della psiche e trasforma sé stesso, a comando, in Opale, libero dai condizionamenti della morale borghese. Gravi conseguenze.
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Una caratteristica fondamentale della carriera di Jean Renoir è sempre stata la sua versatilità, la capacità di spaziare da un genere ad un altro senza legarsi mai ad un tema fisso e ricorrente, tanto da permettergli di realizzare opere tanto diverse tra loro ma altrettanto efficaci, dall'antimilitarismo di "La grande illusione" al romanticismo di "L'angelo del male" fino ad uno dei capostipiti della corrente nouvelle vague "La regola del gioco" considerato da molti il suo capolavoro. Tra il 1940 ed il 1960 Renoir si allontana decisamente dai riflettori del grande cinema dirigendo in verità pellicole abbastanza modeste, soltanto nel 1959 ritrova il successo con una rivisitazione "parigina" del famoso "Il dottor Jekyll e mister Hyde" di Stevenson, e dà alla luce questo più che onorevole "Il testamento del mostro". Al buon dottor Jekyll si sostituisce Cordelier ed al sadico Hyde gli fa da alter-ego monsieur Opale, ma dove nei protagonisti del racconto di Stevenson c'è un netto contrasto tra le due personalità, qui la drammatica metamorfosi psico-fisica di Cordelier-Opale non ne allontana la brutalità dell'istinto di base, all'interno della stessa persona convivono sia il bene che il male, la paranoia di Cordelier lo porta ad inseguire, attraverso un esperimento, il sogno dello stravolgimento strutturale della psiche umana; la morale accomuna il film ad altri dello stesso genere: la consapevolezza, a cui segue il pentimento e la redenzione, di aver osato sfidare le leggi della natura. Straordinaria l'interpretazione di jean-Louis Barrault nel caratterizzare perfettamente le due personalità a contrasto, molto bella la fotografia che offre una Parigi grigia e tetra così da creare un'atmosfera veramente coinvolgente. Un film da non perdere per gli appassionati del genere fanta/horror anni '50.